A Trento ci credono davvero e prima o poi lo fanno il computer quantistico
Scritto da Università di Trento   
Martedì 18 Agosto 2009 11:31

Che l'eccesso di rumore sia per molti un elemento fastidioso e addirittura un problema nelle grandi metropoli non è una novità. Ma pochi sanno che il rumore, di fatto, può impedire anche lo sviluppo tecnologico. In effetti è proprio l'eccesso di rumore prodotto in ambiente quantistico ad essere considerato dagli scienziati uno dei principali ostacoli alla realizzazione del computer quantistico. Ora un gruppo di ricercatori tra cui anche alcuni del centro Bec dell'Università di Trento ha annunciato di aver scoperto un sistema per aggirare questo ostacolo fisico. "I computer quantistici - spiega Iacopo Carusotto del Centro di ricerca BEC-INFM che ha sede presso il Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento che, di recente, ha contribuito ad uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, coordinato dal fisico teorico Atac Imamoglu dell'Institute for Quantum Electronics del Politecnico federale di Zurigo - si basano su sistemi dalle dimensioni estremamente ridotte che permettono l'immagazzinamento e l'elaborazione di una forma più ricca di informazione (in cui il bit di informazione non soltanto può valere 0 o 1, ma anche contemporaneamente 0 ed 1). Anche se negli anni vari esperimenti dimostrativi hanno avuto successo nel realizzare piccoli modelli di elaboratore quantistico, nessuno è mai riuscito a realizzare concretamente un vero e proprio computer quantistico per le difficoltà di trovare il materiale adatto con cui costruire l'hardware.

Vari gruppi di ricerca in tutto il mondo stanno provando con la risonanza magnetica nucleare, altri con gli atomi freddi, altri ancora con ioni come supporto materiale. Da anni il centro BEC è attivamente impegnato nell'applicazione degli atomi freddi e degli ioni all'informazione quantistica. In collaborazione con il gruppo svizzero abbiamo esteso questa linea di ricerca ai cosiddetti quantum dots, a semiconduttori, ovvero a quei piccolissimi cristalli di arseniuro di gallio indio, di qualche nanometro di diametro, incapsulati in una matrice di materiale diverso. Questi piccoli atomi artificiali sono capaci di intrappolare un elettrone singolo in cui memorizzare il bit di informazione quantistica (il cosiddetto qubit). Usare questi sistemi a semiconduttore ha il vantaggio che, trattandosi di oggetti allo stato solido, sono più facili da manipolare e resistono più a lungo rispetto ad altri supporti".
Nello studio delle proprietà ottiche di questi materiali e delle potenzialità nel campo delle elaborazione delle informazioni, i ricercatori hanno osservato un comportamento imprevisto che potrebbe rivelarsi decisivo per capire come progredire verso la costruzione di un computer quantistico.
Ma perché il rumore causa tanti problemi? Il fenomeno osservato dai fisici in questi anni è curioso: gli elettroni, a cui spetterebbe la memorizzazione dei dati e quindi il funzionamento di questo nuovo tipo di computer, si lasciano "distrarre" dal rumore prodotto all'interno dei nuclei dagli atomi del cristallo e confondono le informazioni memorizzate. Il risultato è che il computer rischia di commettere errori nel calcolo. La sfida dei ricercatori è dunque quella di ideare un sistema che sia meno sensibile al rumore o che, in alternativa, possa filtrare le informazioni utili (i dati) dall'inutile rumore di fondo. Proprio come fanno alcuni apparecchi acustici.
E va proprio in questa direzione la soluzione avanzata dai ricercatori del gruppo internazionale di cui fa parte il Centro di ricerca BEC-INFM di Trento. Una proposta giudicata valida e promettente tanto da meritarsi la pubblicazione sulla prestigiosa e severissima rivista scientifica Nature Physics (l'articolo "Confluence of resonant laser excitation and bidirectional quantum-dot nuclear-spin polarization" è uscito sul numero pubblicato ieri online). "L'effetto che abbiamo inaspettatamente osservato sembra promettente. Per tentare di ridurre il rumore percepito dall'elettrone intrappolato all'interno del quantum dot", spiega Carusotto. "L'idea è quella di polarizzare gli spin nucleari tutti nella stessa direzione in modo da farli risuonare all'unisono. È un po' come se avessimo dato un ritmo preciso e costante a delle maracas impazzite. In questo modo il rumore diventa accettabile per l'elettroni che non viene confuso e può lavorare al meglio. Gli esperimenti ed i calcoli condotti a supporto di questa evidenza ci inducono a pensare che siamo sulla strada giusta e che il materiale da noi scelto potrebbe rivelarsi decisivo per superare gli ostacoli che finora hanno rallentato il progresso scientifico in questo settore."
Il computer quantistico è, infatti, quella macchina, del tutto diversa e innovativa rispetto ai computer tradizionali, che in futuro potrebbe permetterci di compiere enormi passi avanti nei settori dell'informatica, nella sicurezza o nelle tecnologie a supporto della logistica, dei trasporti e dell'evoluzione industriale. Utilizzando i principi della meccanica quantistica questa nuova generazione di computer potrebbe affrontare problemi impossibili da risolvere con le tradizionali tecnologie. Ad esempio, risolvere una volta per tutte il problema della sicurezza dei dati bancari o delle informazioni personali sul web che diventerebbero definitivamente inviolabili, oppure aiutare a gestire in modo più efficiente dati complessi in grande quantità per un'infinità di applicazioni a beneficio dell'economia globale e, soprattutto, della ricerca scientifica.


 

 












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