Federalismo fiscale, per il Cnr più apparenza che sostanza E-mail
Scritto da Ufficio stampa CNR   
Giovedì 25 Novembre 2010 14:06

Federalismo fiscale: un’autonomia finanziaria più apparente che effettiva. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie ‘M.S. Giannini’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Issirfa-Cnr) basato sui dati pubblicati nel volume ‘Osservatorio Finanziario Regionale’ e illustrati oggi a Roma, presso la Camera dei Deputati (Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto) durante la tavola rotonda dal titolo ‘Regioni. Una vera autonomia finanziaria?’.

“Un esame attento delle norme, indica che la legge 42/2009 sul federalismo fiscale sembra aver dato più peso ai rischi che ai vantaggi di un’effettiva e ampia autonomia finanziaria, senza introdurre innovazioni particolarmente significative rispetto alla situazione pre-riforma”, afferma Enrico Buglione, dirigente di ricerca dell’Issirfa-Cnr. “La maggior parte delle entrate ‘libere da vincoli di destinazione’ rischiano infatti di essere destinate a garantire gli obiettivi e i livelli essenziali di prestazioni imposti dallo Stato. A ciò si aggiungono i vincoli imposti all’autonomia tributaria, in particolare all’incremento delle aliquote Irap e dell’addizionale Irpef, le compartecipazioni che dovranno essere costituite a favore degli Enti locali (ovvero le entrate regionali che dovranno essere trasferite a Comuni, Province) e la suddivisione di fatto delle entrate per funzioni di spesa”.

Per misurare il livello attuale di autonomia finanziaria e i cambiamenti indotti dalla riforma l’Issirfa-Cnr ha adottato quattro indicatori: autosufficienza finanziaria, autonomia tributaria, autonomia di spesa ed efficacia del sistema di perequazione. “Ad oggi, per quanto riguarda l’autosufficienza finanziaria (percentuale di entrate provenienti dal proprio territorio)”, prosegue Buglione, “la media 2006–2009 per le regioni ordinarie è del 47,6%, con un valore più elevato al nord (55,1%), rispetto al centro (48,5%) e soprattutto al sud (32,9%). Un’ovvia conseguenza del fatto che le entrate geografiche pro capite sono direttamente correlate alla base imponibile, dunque alla ricchezza locale”. Anche l’autonomia tributaria, cioè il rapporto tra gettito dei tributi propri e totale entrate correnti, nell’VIII legislatura pari al 44%, risulta più elevata al nord (51,3%) che al centro (47,1%), che al sud (27,6%).

L’autonomia di spesa (entrate libere da vincoli di destinazione) nel periodo 2006 – 2009 ha rappresentato, in media, l’86,4% del totale delle entrate, un dato in crescita rispetto alla legislatura precedente di circa il 5% (nord 2,3%, sud 5,7% e centro 7,6%). “Ma le regioni devono garantire livelli essenziali di prestazioni (lep) fissati a livello nazionale, tra cui le prestazioni sanitarie che tra VII e VIII legislatura rappresentano il 78-80% dei bilanci delle regioni ordinarie”, spiega ancora il ricercatore. “Quindi l’autonomia effettiva di spesa delle regioni scende a circa il 20%. Tra l’altro, dopo la riforma, la sanità non sarà l’unica materia i cui livelli essenziali di prestazione saranno stabiliti dallo Stato”.

Infine il sistema di perequazione (ovvero il sistema statale che redistribuisce parte delle entrate fiscali alle regioni con entrate provenienti dal territorio insufficienti). I dati mostrano che tra le due legislature l’efficacia del sistema è aumentata e il divario nord-sud in termini di entrate correnti pro capite è sceso dal 9,2% al 5,5%. “Un’analisi approfondita indica però che questo risultato è dovuto al temporaneo incremento delle aliquote delle imposte regionali di alcune amministrazioni del Mezzogiorno, reso necessario proprio dagli ingenti deficit sanitari: infatti in questo periodo il gettito dei tributi propri è aumentato del 10,8% al nord e del 25,5% al sud”, conclude Buglione. “L’autonomia finanziaria che emerge dai bilanci delle regioni appare quindi superiore a quella effettiva”.

 












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