Basta un collare "speciale" per salvare Fido dalla Leishmaniosi E-mail
Scritto da Emanuele Perugini   
Martedì 21 Aprile 2009 15:54
 Un metodo tra i più efficaci per controllare la diffusione della leishmaniosi canina è applicare al cane un collare a base di deltametrina, una sostanza che si distribuisce sulla cute dell’animale e impedisce la puntura del flebotomo (o pappatacio), il pericoloso insetto in grado di trasmettere l’agente responsabile della leishmaniosi. Il problema è di prima grandezza: con l’arrivo della primavera e della successiva stagione calda, torna infatti a prendere consistenza l’allarme leishmaniosi, una grave malattia parassitaria causata da un protozoo (Leishmania infantum) che può essere trasmesso al cane, principale “serbatoio” della malattia, e talvolta anche all’uomo tramite la puntura del pappatacio. E torna a imporsi sulla scena il collare, valido presidio capace di proteggere il cane dal pericoloso insetto.

Le ragioni di allarme sono di due ordini. Da un lato, le indagini scientifiche più recenti – tra cui la LeishMap, il network scientifico per il monitoraggio e la mappatura della leishmaniosi canina nel Nord Italia – segnalano che i numeri della malattia nel cane sono in costante e rapido aumento. E non solo nelle regioni centro meridionali e insulari a clima tipicamente mediterraneo, dove la prevalenza della sieropositività tocca punte che vanno dal 40 (area napoletana) al 60 per cento (area catanese), ma anche nelle regioni pre-appenniniche e addirittura in quelle prealpine a clima continentale delle regioni del Nord Italia, tradizionalmente indenni.

All’origine dell’attuale situazione epidemiologica sembrano coinvolti più fattori concomitanti, tra i quali l’introduzione di soggetti infetti in zone dove era già presente il pappatacio a seguito dell’evoluzione del rapporto uomo-cane – “turismo con cane al seguito” – e l’adattamento dei flebotomi a nuovi habitat, anche  a causa dei recenti mutamenti climatici-ambientali.

Il fenomeno desta preoccupazione non solo per la necessità di proteggere i cani – specie quelli che trascorrono più tempo all’aperto – dalla malattia, ma anche per garantire un’adeguata protezione sul fronte umano. Molti degli attuali sforzi per il controllo della leishmaniosi sono focalizzati sul cane perché la prevenzione della puntura dell’insetto vettore è l’unica misura di profilassi per proteggere i cani dalla leishmaniosi e ridurre il rischio di infezione nell’uomo. Il pappatacio infetto può infatti inoculare la leishmania all’uomo, che in particolari condizioni – specie se immunodepresso – può ammalarsi. «A causa del comportamento dei pappataci (che non pungono solo l’uomo), delle loro piccole dimensioni e del loro volo silenzioso (sono detti pappa-taci proprio perché “pappano in silenzio”), di solito l’uomo non si accorge della loro presenza» ricorda Michele Maroli, dirigente di ricerca presso il Dipartimento di Malattie infettive, parassitarie e immunomediate (MIPI) all’Istituto Superiore di Sanità (ISS). «Di conseguenza, l’uomo tende a ignorare il ruolo epidemiologico di questi insetti come vettori della leishmaniosi, compromettendo i programmi di lotta contro la malattia basati sulla partecipazione delle comunità».

Se la malattia nel cane è di estrema gravità, anche l’uomo deve affrontare per guarire un percorso diagnostico e terapeutico lungo e complesso, in particolare se ha contratto la forma più grave, quella viscerale. In Italia i casi notificati di malattia umana sono aumentati nel corso dell’ultimo decennio, anche se l'uomo, a differenza del cane, è particolarmente resistente alla malattia, tanto che nelle popolazioni esposte all'infezione si sviluppa un’efficace immunità cellulo-mediata. «Oltre tutto, grazie allo sviluppo di tecniche diagnostiche molecolari, negli ultimi anni è stato dimostrato che le forme cliniche di leishmaniosi rappresentano solo la “punta dell’iceberg”, perché nella maggior parte degli individui venuti a contatto con il parassita l’infezione è del tutto asintomatica» aggiunge Luigi Gradoni, dirigente di ricerca presso il MIPI all’ISS. «D’altra parte, la condizione di “portatore sano” sembra conferire una robusta immunità alla re-infezione».

Le misure ritenute necessarie per il controllo della leishmaniosi sono la protezione dal contatto con il patogeno responsabile dell’infezione e la vaccinazione. A tutt'oggi, però, non esiste ancora un vaccino anti-leishmania per uso umano o canino di comprovata efficacia, pertanto la prima opzione è la sola praticabile e l’unico strumento disponibile rimane la prevenzione del contatto con il flebotomo. Anche perché, date le ridotte dimensioni dell’insetto, le sue abitudini alimentari e la diffusione del parassita in Italia, è improbabile che, in assenza di un’adeguata protezione, il cane non venga punto ed eventualmente infettato.

L’uovo di Colombo per bloccare questa spirale perversa è quindi la prevenzione, che si può realizzare bloccando la circolazione della leishmania nel triangolo pappatacio-cane-uomo. E dal punto di vista epidemiologico, il collare a base di deltametrina – con un’efficacia che dura cinque mesi – è utile in ogni caso: se il cane è sano, il presidio impedisce a un eventuale pappatacio infetto di contagiarlo, mentre al contrario (cane infetto e pappatacio sano), evita che un insetto “non infetto” diventi vettore del parassita. In entrambi i casi, il vantaggio si estende all’uomo.

Secondo Marco Melosi, medico veterinario libero professionista e vicepresidente nazionale dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (ANMVI) con delega al settore Animali da compagnia, "è fortemente consigliato l’utilizzo di strumenti che attuino una strategia no-feeding (capaci di impedire il "pasto di sangue" del vettore) di provata efficacia. L’uso di questi presidi è indicato pure per evitare un’ulteriore espansione della patologia anche in zone oggi indenni, ma che in un prossimo futuro potrebbero non esserlo più. L’utilizzo di presidi no-feeding è consigliabile 1) nei cani sani al fine di evitare l'infezione, 2) nei cani già infetti, “serbatoio” del parassita, per evitare di amplificare l’infezione, dato che la malattia segue un ciclo cane infetto - flebotomo - cane sano (o uomo) e 3) nei cani “viaggiatori” che, se condotti in una zona endemica e qui infettati, potrebbero portare la leishmaniosi anche in zone che ne sono attualmente indenni".

 












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