La mappa dell'Italia a rischio incendi E-mail
Se il 2007 si ricorderà come l'annus horribilis per estensione e gravità degli incendi, per il 2008 il WWF chiede di concentrare tutti gli sforzi affinché passi alla storia come l'anno X per la  prevenzione contro la piaga degli incendi.  L'auspicio è quello di uscire finalmente dalla gestione commissariale per imparare a gestire e governare l'ordinario. Ogni anno contiamo i danni causato dagli incendi misurando numero di eventi, superficie bruciata, estensione media, ecc, contiamo le vittime umane e i danni diretti ad alcune economia, ma occorre contare anche l'enorme danno a medio e lungo termine sulla biodiversità: gli incendi, soprattutto nelle aree più pregiate,  eliminano molte specie animali e indeboliscono gli ecosistemi e la loro capacità di fornire i servizi anche per l'uomo.

Per aiutare la macchina operativa nella lotta contro il fuoco, che lo scorso anno ha mandato in fumo 116.602 ettari di boschi, il 27% dei quali ricadenti in aree protette, il WWF ha presentato oggi  il dossier Incendiometro 2008 dove si identificano 17 aree più vulnerabili agli incendi estivi e di maggiore pregio naturalistico. Gli 'hot spots' sono principalmente concentrati nel centro e sud Italia e vanno dall'Appennino Tosco-emiliano (Alpi Apuane-Garfagnana), alla Maremma Tosco-laziale, dai Monti del Matese ai Monti Lepini-Ausonici-Aurunci, dalle aree boschive della Campania, Calabria e Basilicata (area Cilento, Val d'Agri, Pollino),  alle Murge e valli fluviali lucane, nel Marchesato di Crotone  fino alla Sicilia e Sardegna con 5 aree a rischio ciascuna. In Sicilia: Monti Peloritani-Stretto di Messina, Monti Iblei-tavolati di Ragusa, Madonie, Monti Sicani-Rocca Busambra-colline di Carini, Capo S.Vito-Lo Zingaro-Monte Inici. In Sardegna: Sulcis-Iglesiente, Sarrabus-Gerrei, Gennargentu-Supramonte-Orosei, Monte Limbara, Costa da S.Teodoro a Portobello di Gallura-Bocche di Bonifacio. Purtroppo la media dei Comuni italiani che hanno redatto il catasto delle aree incendiate è ancora bassissima, circa 1 su 4,  ed i vincoli derivanti dalla catalogazione del terreno percorso dal fuoco sono ancora sono inattivi per buona parte del territorio,  il WWF ha voluto porre l'attenzione proprio su queste  aree più vulnerabili scrivendo ai 671 Comuni che ricadono nei 17 'hot spots' per sollecitare l'applicazione di piani di prevenzione e la redazione dei catasti. E' qui che occorre la maggiore prevenzione contro il consumo del suolo e altre attività, tra cui la caccia e il pascolo, per non impoverire ulteriormente il nostro patrimonio naturale più prezioso.

 

"Per combattere la piaga degli incendi è necessario fare ricorso a tutte le esperienze migliori - ha dichiarato Fulco Pratesi, Presidente onorario del WWF Italia - Come sempre accade nei fenomeni complessi sono tante le concause che arrivano a provocare gli oltre 10.000 incendi del 2007, ma forse la più concreta è quella di una attenzione ancora troppo scarsa e poco organica da parte di regioni ed enti locali  a questo fenomeno così grave e devastante per il nostro patrimonio  naturale  che, ricordiamo, non è purtroppo concentrato solamente  durante i mesi estivi ma si estende durante tutto l'anno ed in tutta la Penisola. Le parole d'ordine sono:  rispetto delle leggi, non perdere di vista le aree più pregiate e investire in prevenzione facendo tesoro dei buoni modelli già sperimentati".

 LE SPECIE PIU' COLPITE

Nelle 17 aree segnalate dal WWF vivono specie preziose particolarmente vulnerabili nel periodo estivo agli incendi spesso perché coincidente col periodo riproduttivo: ci sono anfibi come la Rana di Lataste, la Salamandra pezzata appenninica, il Discoglosso sardo; rettili tra cui la Lucertola delle Eolie, la Testuggine di Hermann, il Cervone, la Lucertola ocellata, etc. Gli uccelli più colpiti sono la Colombella, il Nibbio reale, il Biancone, la Beccaccia, il Falco pecchiaiolo, l'Albanella minore, l'Astore, il Gufo reale, molte specie di picchi, il Frosone; tra i mammiferi il Quercino sardo, il Cervo sardo, il Capriolo italiano, il Gatto selvatico, la Martora e almeno 5 specie di pipistrelli legati agli ecosistemi forestali. Altre specie, con minore grado di rischio di estinzione come Istrice e Lepre,  sono comunque colpite dagli incendi perché incapaci di allontanarsi rapidamente dal fuoco. E' stato calcolato che un incendio distruttivo di un ettaro di pineta può causare la morte di 300 uccelli, 400 piccoli mammiferi e 5 milioni di insetti: un danno diretto e immediato per la fauna al quale si aggiunge anche la frammentazione degli habitat che inficerà il successo riproduttivo delle stagioni successive.

 UN PATRIMONIO IN FUMOIl motivo principale per il quale il WWF vuole richiamare l'attenzione su queste aree è dovuto al loro enorme valore naturalistico e soprattutto per i benefici derivanti dai servizi naturali offerti. In particolare le foreste, le più colpite dagli incendi estivi, consentono la regolazione dell'atmosfera, del clima, la protezione da inondazioni, siccità, frane, dissesto idrogeologico, la regolazione del ciclo dell'acqua, l'approvvigionamento idrico, la ricarica delle falde e la variabilità biologica oltre ai benefici che derivano dal valore estetico, ricreativo e turistico. Sono incalcolabili i danni allo Stato e a tutto il patrimonio ambientale italiano provocati dai devastanti incendi di migliaia di ettari di bosco. In uno studio condotto dal WWF Spagna, si è  calcolato che il danno economico causato dagli incendi forestali corrisponde a 5.500 euro per ettaro di bosco incendiato, senza considerare i danni permanenti e il valore delle specie animali e vegetali distrutte. Considerando questi valori, nel 2007 il nostro Paese ha letteralmente bruciato oltre 640 milioni di euro, solo per gli incendi boschivi, e un valore forse equivalente per gli altri 111.000 ettari andati in fumo di ambienti non forestali. Le aree percorse dal fuoco hanno tempi di recupero molto lenti, in relazione alla frequenza, all'estensione e alla complessità dell'ecosistema colpito. Occorrono circa 100 anni a un bosco di latifoglie, come le faggete e quercete, per recuperare, la macchia mediterranea alcune decine.  In Italia dalla metà degli anni ottanta ai primi anni del 2000 gli incendi boschivi hanno distrutto circa 1.100.000 ettari di superficie boscata, pari ad una regione più grande dell'Abruzzo.  CLIMA, USO DEL SUOLO, TOPOGRAFIA  E ...LA MANO DELL'UOMO 

Il rischio incendio è determinato soprattutto dal clima secco, l'uso del suolo e dunque le caratteristiche della vegetazione e la topografia, ovvero, in un territorio montano l'incendio avrà più probabilità a diffondersi rapidamente rispetto alla pianura. Ma la piaga è quasi sempre da ricondurre all'"opera dell'uomo" e non dal fenomeno dell'autocombustione, rarissimo (appena lo 0,6-0,7 % del totale) e quindi irrilevante nel nostro paese. Gli incendi dolosi sono aumentati nel 2007: dal 59,9% al 65% del totale, un fenomeno preoccupante perché gli incendi boschivi dolosi sono stati ben 7.000. 

Mentre in Europa si è sempre puntato tutto sulla prevenzione, in Italia il quadro normativo è rimasto  praticamente invariato per oltre vent'anni fino al 2000 con l'approvazione della Legge Quadro sugli incendi boschivi (n.353). L'innovazione di questa legge è stata l'attribuzione di compiti importanti alle regioni per la prevenzione, la lotta agli incendi, l'obbligo di censimento di tutte le aree incendiate, l'inasprimento delle sanzioni penali per il 'reato di incendio boschivo', il divieto di nuove costruzioni per 10 anni sui terreni percorsi dal fuoco e di modifica di destinazione d'uso per 15 anni.

 MODELLI VIRTUOSI DI PREVENZIONE

Nella lotta contro gli incendi boschivi due sono le variabili che trasformano un piano di prevenzione in un successo: il tempo e l'azione coordinata a terra. Sono questi gli ingredienti principali di due modelli che il WWF ha voluto evidenziare sperando che possano costituire un modello replicabile anche in altre realtà.

Il primo, quello messo in atto dalla Provincia di Macerata, ha già mostrato la sua efficacia. In soli 5 anni, dal 2000 al 2005, la superficie di bosco incendiato è passata dai 452 ettari a soli 52 ettari. Il Piano ha un'altra particolarità: è estremamente efficace dal punto di vista economico, 66.000 euro per il controllo di 215.000 ettari di superficie coinvolta. Si avvale di 350 volontari impiegati in 9 punti di avvistamento fissi e 150 unità mobili. Coinvolge 32 associazioni tra gruppi comunali di protezione civile alle associazioni di volontariato. I punti di avvistamento sono individuati con la collaborazione del Corpo Forestale dello Stato, di alcuni comuni e sulla base delle informazioni tecniche derivate dalla carta del Rischio Incendi Boschivi redatta dalla Regione Marche con il CFS. Una vera macchina da 'guerra' contro il fuoco che garantisce un coordinamento del flusso di comunicazioni sullo svolgimento del programma.

Uno dei Parchi più colpiti lo scorso anno dagli incendi è stato quello del Pollino: 6.959 ettari di cui 2.952 di bosco, sono andati in fumo nel 2007. Per prevenire una nuova emergenza l'Ente Parco si è dotato, primo parco nazionale ad averlo fatto, di un Piano Annuale per la programmazione delle Attività di Previsione, Prevenzione e Lotta Attiva contro gli Incedi Boschivi. L'obiettivo è quello di ridurre le aree percorse dal fuoco e contenere la superficie media ad incendio. Ecco i numeri: 40 punti di avvistamento, 68 automezzi di cui 9 autobotti, 6 cavalli per il servizio di controllo, 150 punti di rifornimento idrico, 21 comandi stazione del CFS con 73 unità, 240 operatori suddivisi in 40 squadre, 14 associazioni di volontariato coinvolte, 190.000 ettari di territorio protetto da salvaguardare. Il piano è operativo già dai primi di luglio è ha come suo punto di forza il cosiddetto 'metodo Perna', ovvero, quello utilizzato dall'allora presidente del Parco dell'Aspromonte. Secondo il 'contratto di responsabilità' sottoscritto da parco e associazioni si stabilisce un rimborso spese massimo che può ridursi a seguito del verificarsi di incendi nel'area di competenza. Un incentivo a far sì che le aree incendiate siano ridotte al minimo per evitare le speculazioni economiche che nel passato si sono verificate in alcune regioni  del sud nelle attività antincendio e in quelle di ripristino ambientale.

 

ALLERTA ANCHE NELLE OASI WWF

Anche quest'anno le 130 aree protette dal WWF saranno in allerta contro gli incendi su un territorio complessivo di circa 37.000 ettari. In 7 delle 17 aree più a rischio italiane ricadono inoltre  10 Oasi del WWF . L'attività principale del personale e i volontari espressamente formati del WWF è l'avvistamento dei focolai che vengono segnalati al CFS, i Vigili del Fuoco e le Autorità preposte allo spegnimento. Il presidio contro gli incendi fa parte delle attività di molti campi di volontariato. Alcune oasisono dotate di mezzi antincendio e sono allo studio sistemi di telecamere diurne e notturne collegate ad una sala operativa per ottimizzare l'impiego dispersione coinvolte nell'arco della giornata.

 












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