Pagare tanto per morire di sanità, al Sud succede anche questo E-mail
Scritto da Valentina Arcovio   
Venerdì 28 Agosto 2009 11:10
Calabria e Sicilia. Ancora una volta il Sud con gli ospedali che non funzionano, i reparti vuoti e gli ambulatori chiusi per ferie. E sopratutto con i conti sempre in rosso. Il paradosso del meridione sembra diventato ormai un ostacolo insuperabile.
Un anno fa in Sicilia sono cominciati i tagli. L’assessore alla Salute, Massimo Russo, ha stabilito un piano di riduzione del deficit, ora in flessione a quota 331,8 milioni di euro, che da subito ha sollevato una marea di polemiche nella popolazione locale. Ora la morte del 23enne di Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, sembra dare ragione a quanti si sono opposti alla nuova politica di riduzione della spesa.
«Il problema - dice Francesca Moccia, coordinatrice nazionale Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva – non sono i tagli ma è come questi vengono effettuati. In questi casi bisogna non bisogna ignorare le necessità espresse dalle popolazioni locali».
In effetti, di tagli la Sicilia ne aveva proprio bisogno. Sono stati ridotti i posti letto che erano del 249 ogni mille abitanti contro una media nazionale di soli 80. Inoltre, si è inciso sulla crescita del costo del personale (35 per cento), ma sono aumentati i costi per beni, servizi e farmaci. In particolare, per la sanità ogni siciliano, compresi i neonati, è indebitato di 1.764 euro. «Probabilmente, però, la regione non ha soltanto bisogno di tagli, ma di riduzioni intelligenti», sottolinea Moccia. Eppure, nonostante questi numeri, la Sicilia non è la cenerentola del sistema sanitario del nazionale. Ancora più drammatica è la situazione della Calabria con sei casi di morte sospette nel solo mese di agosto. Per la sanità calabrese più che di buco sarebbe più giusto parlare di voragine. Si tratta di ben 1.700 milioni di euro accumulati dal 2000 al 2007. «Cosa ancora più grave - spiega Moccia - è che non c’è un piano di governo. Perlomeno la Sicilia vuole provare a cambiare le cose». In effetti, la situazione calabrese sembra senza via d’uscita. E’ considerata un caso-limite per i conti sempre in rosso e per le gravi inadempienze sul fronte dei livelli essenziali di assistenza. Con 36 ospedali, di cui 19 da chiudere, la spesa sanitaria calabrese, pari a 3.756 milioni di euro, assorbe oltre il 70 per cento dell’intero bilancio regionale.
Eppure, questa spesa non basta a fare in modo che i cittadini calabresi si curino negli ospedali della loro regioni: ogni anno sono migliaia che si fanno curare al Centro-Nord con una spesa di 1,200 milioni euro.
«E’ ovvio - conclude Moccia - che in questi casi c’è lo zampino della criminalità organizzata, ma lo Stato ha il dovere di non abbandonare i cittadini calabresi, come quelli siciliani, e di combattere per i diritti dei malati».
 












Template design by Braz Design - Template coding by Digitest