Più vicino a una pillola contro il jet leg E-mail
Scritto da Valentina Arcovio   
Venerdì 09 Ottobre 2009 12:03
Aver scoperto come gli impulsi del cervello controllano il nostro orologio biologico, ha avvicinato un team di ricarcatori inglesi e americani alla messa a punto di un farmaco contro il jet-leg. Secondo quanto riportato dalla rivista Science, esperimenti fatti sui topi hanno suggerito che l'orologio del corpo umano - controllato da una regione del cervello chimata 'nucleo soprachiasmatico - non scarica sempre impulsi elettrici per regolare il nostro sonno, come invece abbiamo pensato finora. Esso scarica soltanto al tramonto e rimane inattivo durante tutta la notte per poi ritornare in funzione all'alba. Queste scoperte, secondo i ricercatori, potrebbero portare a nuovi trattamenti per malattie che sono influenzate dall'orologio biologico, come il cancro e il morbo d'Alzheimer, cosi' come quei piccoli disturbi per chi viaggia spesso e deve affrontare il fuso orario.
Il corpo cela al suo interno un orologio che regola i ritmi circadiani che ci ricordano quando e' il momento di mangiare, dormire, svegliarci e svolgere altre funzioni del corpo. Questo sistema e' in parte regolato dal ciclo del giorno e della notte. Cambiare i fusi orari per lavoro o svolgere i turni di notte possono mandare in tilt i nostri ritmi perche' cambiano i tempi della nostra esposizione alla luce. Negli esseri umani, come in tutti i mammiferi, l'orologio biologico e' controllato da un parte del cervello, il nucleo soprachiasmatico che contiene due tipi di  cellule molto diverse. Solo uno di questi tipi scarica gli impulsi del ritmo circadiano, l'altro invece no. Le cellule 'orologio' esprimono un particolare gene, chimato 'per1', mentre le cellule 'non orologio' no. Conoscere questo meccanismo, secondo i ricercatori che lo hanno scoperto, potrebbe aiutare a sviluppare nuovi farmaci per regolare l'orologio giornaliero e combattere le conseguenze del jet leg.
''L'obiettivo sarebbe quello di sviluppare un farmaco che riguarda in maniera specifica le cellule 'per1''', ha concluso Hugh Piggins della University of Manchester.
 












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