Clima: installata prima stazione italiana sull'Himalaya E-mail

Clima: installata prima stazione italiana sull'Himalaya


E' sotto una bufera di neve con 15 gradi sottozero che la squadra del Comitato Evk2Cnr ha installato, nei giorni scorsi, la prima stazione di monitoraggio glaciale dell'Himalaya. La stazione, che si trova sul ghiacciaio del Changri Nup, a 5.700 metri di quota, registra ogni 30 minuti il regime dei venti, la temperatura, l'umidità e l'energia solare in arrivo e riflessa dal ghiacciaio.
E' questa la quindicesima stazione della rete "SHARE" ("Stations at High Altitude for Reasearch on Enviroment") e la prima del network di monitoraggio su ghiaccio in Himalaya. Una nuova conferma del ruolo da pioniere che il Comitato EvK2Cnr ricopre da vent'anni nella ricerca scientifica d'alta quota.
Le variazioni delle masse glaciali di Himalaya e Karakorum, infatti, sono quasi sconosciuti  attraverso studi diretti e rilievi di terreno. Secondo recenti stime la fusione di nevi e ghiaccio ha un'importanza non trascurabile per le portate estive dei grandi fiumi asiatici come il Gange, l'Indo e il Brahmaputra.
Proprio per iniziare a colmare questa lacuna, nell'ambito del progetto Share si è decisa l'installazione della prima stazione sopraglaciale himalayana che per i prossimi anni raccoglierà informazioni e dati indispensabili alla quantificazione del bilancio energetico e di massa glaciale.
La stazione installata direttamente sulla superficie glaciale, rileva con continuità la temperatura dell'aria, l'umidità, la direzione e la velocità del vento, la pressione atmosferica, la radiazione solare incidente e riflessa, la radiazione atmosferica e la radiazione emessa dalla superficie glaciale. I dati registrati, inviati regolarmente in Italia, permetteranno ai ricercatori EvK2Cnr di valutare e quantificare l'energia assorbita dal ghiacciaio (sia sotto forma di energia radiante che come flussi turbolenti) e definire la conseguente fusione nivo-glaciale.
"La collocazione della stazione sul Changri Nup rappresenta sicuramente un evento di notevole importanza nel quadro della maggiore conoscenza dei ghiacciai himalayani e della risorsa idrica da questi rappresentati", ha commentato Claudio Smiraglia, glaciologo di fama internazionale e docente all'Università di Milano e socio del Comitato EvK2Cnr. "Va inoltre sottolineato- ha continuato - che il Changri Nup è stato scelto in quanto questo ghiacciaio rappresenta uno dei migliori esempi di 'ghiacciaio bianco' dell'Himalaya, una tipologia molto meno diffusa rispetto ai più comuni 'ghiacciai neri' sui quali la presenza della copertura detritica continua altera gli scambi energetici con l'atmosfera e quindi rende difficile la comprensione degli esatti rapporti fra dinamica glaciale e dinamica climatica. Sul Changri Nup inoltre sono in corso monitoraggi delle variazioni frontali dal 1994, che hanno mostrato un continuo arretramento (circa 150 metri). E' sicuramente una delle serie più lunghe e continue di dati sulle variazioni frontali di un ghiacciaio himalyano che verrà proseguita. La collocazione della rete di paline pernetterà inoltre di ricavare il bilancio di massa dell'apparato (bilancio glaciologico) e di confrontarlo con il bilancio realizzato con i dati della stazione meterologica".
La stazione "SHARE" Changri Nup è l'ultimo tassello della rete Share allestita dal Comitato Evk2Cnr in collaborazione con il CNR e l'Università di Milano. Le stazioni Share fanno parte dei più importanti progetti internazionali sul clima, condotti da Unep, Wmo, Nasa e Iucn.
Share è oggi il punto di riferimento mondiale per il monitoraggio climatico d'alta quota con le 15 stazioni installate sulle montagne più alte del mondo, dall'Asia all'Africa. Anche Paolo Bonasoni, dell'Isac -Cnr è responsabile del progetto Share commenta quest'ultima installazione:  ''La riduzione della massa glaciale trovata dai nostri ricercatori sul Changri Nup conferma l'importanza degli studi eseguiti nell'ambito del progetto Share, e dell'Atmospheric Brown Clouds Project di UNEP, per meglio comprendere e quantificare la portata dei fenomeni che favoriscono la fusione dei ghiacciai Himalayani".
"Le osservazioni e le misure eseguite direttamente sul ghiacciaio Changri Nup - ha continuato Bonasoni – avranno un punto di forza nelle informazioni raccolte nel non lontano Nepal Climate Observatory – Pyramid, a quota 5079 metri, in prossimità della Piramide EvK2Cnr. In questo osservatorio, dal marzo 2006, è misurata la concentrazione di black carbon presente in atmosfera, così come altri importanti parametri climatici quali l'assorbimento e lo scattering che gli aerosol producono sulla radiazione, la concentrazione di ozono, la radiazione solare ed altri parametri atmosferici".
Le minuscole particelle di black carbon (originate dagli incendi di vaste aree forestali, dalla combustione di legno e sterco essiccato di animali spesso usati nelle aree rurali e montane per cucinare e per riscaldarsi nonchè dalla combustione di carbone e gasolio di motori e centrali elettriche) assorbono la luce del sole favorendo un riscaldamento in quegli strati di atmosfera dove è stato trasportato. Una volta depositato sulle superfici di neve e ghiaccio, il black carbon può ridurne significativamente l'albedo superficiale, provocando un'accelerazione della loro fusione. Grazie a misure eseguite al NCO-P nella stagione pre-monsonica 2006 e negli anni successivi, i primi risultati (attualmente in corso di pubblicazione in una serie di articoli sulla rivista internazionale ACPD), presentano le prime valutazioni riguardanti il 'forcing radiativo' dovuto alla presenza del particolato che, a livello regionale, risulta significativamente più elevato di quello dovuto ai gas ad effetto serra riportato dall'IPCC.
E' la prova tangibile che anche i ghiacciai posti sulle montagne più alte del Pianeta sono raggiunti da questa nube di inquinanti, denominata "Atmospheric Brown Cloud", che può modificare sensibilmente le condizioni dell'ambiente. Una prova che richiede un costante e serio impegno scientifico di valutazione, sottoposto alle più rigorose verifiche, per comprendere meglio le reali dimensioni quantitative e temporali dei fenomeni e per poterne valutarne le ricadute e mitigarne gli effetti.

 












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