Terremoti: SHIVA simula cosa avviene nella sorgente E-mail
Scritto da Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia   
Venerdì 15 Gennaio 2010 13:52

Sul sito dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)  e' da poco visibile un esperimento spettacolare: un sofisticato apparato simile a un tornio, costruito in Italia, imprime una rotazione ad alta velocita' (3.000 giri al minuto) a un cilindro di roccia di qualche centimetro di diametro. Il cilindro e' inoltre sottoposto a pressioni che troviamo a qualche chilometro di profondita' nella crosta terrestre.  In una frazione di secondo, l'apparato scarica sul campione una grande potenza, pari a quella consumata da 100 appartamenti. Il risultato non e' la banale frammentazione e disgregazione della roccia che noi ci aspetteremmo, ma addirittura la sua fusione istantanea in lava incandescente.
Questo apparato sperimentale chiamato 'SHIVA', dalle iniziali di 'Slow to High Velocity Apparatus' e' da poco entrato in funzione nei laboratori del gruppo di Roma 1 (sezione di sismologia e tettonofisica) dell'INGV in via di Vigna Murata a Roma e rappresenta attualmente la piu' potente macchina al mondo per effettuare esperimenti di frammentazione delle rocce utili a capire i processi meccanici che precedono e accompagnano lo scatenarsi dei piu' violenti terremoti della Terra. Infatti, SHIVA, grazie alle sue eccezionali prestazioni meccaniche riproduce in piccolo quelle tremende forze che portano all'attivazione delle faglie generatrici dei grandi terremoti.
Ma come e' possibile che da un campione roccioso cosi' piccolo dedurre delle informazioni sui terremoti che spesso coinvolgono faglie lunghe diversi chilometri o addirittura decine e più di chilometri? ''Beh, i campioni cosi' piccoli - ha risposto Giulio Di Toro, responsabile del gruppo sperimentale che studia questi fenomeni - danno delle informazioni che riguardano solo uno dei numerosi aspetti di quel complesso fenomeno naturale che sono i terremoti. Questi studi sperimentali devono essere infatti integrati da altre informazioni che ricaviamo dallo studio delle faglie naturali. Infatti, le onde sismiche (il terremoto) sono emesse durante la propagazione di una rottura lungo una superficie chiamata faglia, che nel caso di un terremoto medio -grande come quello del 6 Aprile del 2009 chilometri e avere un'area di 300-400 chilometri quadrati. Il terremoto e' il risultato di due processi, la propagazione della rottura, che 'libera' i blocchi di roccia ai lati opposti della faglia, e, una volta che i due blocchi sono liberi di muoversi, dell’attrito dovuto allo sfregamento dei blocchi. La rottura si propaga a velocita' di qualche chilometro al secondo, mentre i blocchi scivolano l'uno rispetto all'altro a velocita' di qualche metro al secondo''.
''In particolare, il nuovo apparato sperimentale installato a Roma - ha continuato - consente di studiare l'attrito delle rocce quando sono sottoposte a condizioni di sollecitazione tipiche di un terremoto (velocita' di scivolamento fino a 10 m/s, rigetti di diversi metri e pressioni pari allo spessore di diversi chilometri di roccia). Dovendo impiegare provini di pochi centimetri di diametro (altrimenti la macchina sperimentale avrebbe dei costi spropositati), siamo in grado di determinare l'attrito delle rocce in un punto della faglia. Per avere una visione completa del terremoto, occorre introdurre la geometria della faglia (alla scala chilometrica). A questo scopo stiamo conducendo una serie di studi nelle Alpi, dove affiorano delle faglie che scatenavano milioni di anni fa (le faglie non producono più terremoti oggi), per misurare con grande dettaglio la geometria delle faglie. E solo integrando studi sperimentali con studi di terreno che possiamo avere una visione piu' completa della meccanica dei terremoti.
''SHIVA' e' uno dei pilastri di un progetto di piu' ampio respiro, finanziato dalla Unione Europea, che comprende rilevamenti geologici, e altri studi ancora (mineralogici, geochimici, ecc). ''L'idea del progetto - ha detto DI Toro - e' di offrire un'informazione complementare a quella che otteniamo dall'analisi delle onde sismiche (i tracciati sismici). Ovviamente, la sismologia rimane uno strumento potentissimo per lo studio dei terremoti: e' la sismologia che ci puo' dire, per esempio, quanto e' grande un terremoto, in che direzione si e' propagata la rottura durante il terremoto, ecc. ecc. Pero' le onde sismiche non hanno la risoluzione sufficiente per studiare i complessi fenomeni chimici e fisici che avvengono lungo una faglia durante un terremoto. Allo stesso tempo, lo studio delle faglie superficiali non basta, perché non offre dati quantitativi su alcuni parametri fondamentali di un terremoto (per esempio, l'attrito)''. 

 

 












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