Cnr, nuovo sistema trasforma bucce arance in combustibile E-mail
Scritto da Consiglio Nazionale delle Ricerche   
Mercoledì 14 Aprile 2010 17:32

Messa a punto un nuovo sistema in grado di trasformare in combustibile da riscaldamento gli scarti degli agrumi. Si chiama "Refolo" ed è stata realizzata dai ricercatori dell'Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), secondo quanto riportato sul sito Almanacco della Scienza.
Per il loro smaltimento degli scarti le aziende del settore sono soggette a ingenti spese, poiché questi "rifiuti speciali non pericolosi" non trovano posto nella catena del compostaggio per problemi chimici.
Ogni anno, in Italia, si produce circa un milione di tonnellate di agrumi, di cui 300 mila conferiti in discarica. Ciò comporta un aumento dei costi della filiera e una riduzione dei margini di profitto per il comparto agricolo e manifatturiero. Per ridurre questo problema è stata ideata una combinazione di tecnologie in grado di produrre "biopellet" per riscaldamento dalla parte residua degli agrumi, cioè bucce e fibre.
"Attraverso un sistema di disidratazione spinta - ha spiegato Paolo Plescia dell'Ismn-Cnr, ideatore del sistema - gli scarti vengono ridotti in polvere e, attraverso una compattazione a freddo, trasformati in combustibile sotto forma di pillole di 3 centimetri, che possono essere usate nelle stufe e negli impianti. I biopellet ottenuti hanno un potere calorifero dai 16 ai 20 Mega Joule per chilogrammi, dunque uguale o superiore a quello del legno, a differenza del quale però non contengono metalli né cloro o solfo e hanno una percentuale di cenere minore. Inoltre, nel caso degli agrumi, mantengono l'aroma di origine".
Il processo, denominato Refolo, mira a produrre biopellet da qualsiasi scarto organico, a partire da biomasse (residui di cereali, viti, ecc.) e dai derivati  dell'industria alimentare, rendendolo sterile, inodore e a elevato rendimento termico. Rispetto ai tradizionali sistemi di trattamento di rifiuti umidi, inoltre, riduce il consumo energetico per disidratare la materia prima. Non può invece essere impiegato per trattare i rifiuti urbani tal quali.
"L'obiettivo è passare dai risultati sperimentali, ottenuti sull'impianto dimostrativo messo a punto in collaborazione con una Pmi siciliana (Arcobaleno A Srl) - ha concluso il ricercatore - all'industrializzazione e alla verifica del mercato, attraverso una commercializzazione su piccola scala".
Ma ad occuparsi dell'uso di vegetali per produrre energia sono anche i ricercatori del Gruppo Solare (Spettrofotometria optoelettronica  luminescenza analisi termica rilassamenti energia)  dell'Istituto dei processi chimico-fisici (Ipcf) del Cnr di Messina. Grazie ai pigmenti naturali è possibile realizzare celle solari ‘fotoelettrochimiche'.
"Questi dispositivi utilizzano betalaine ed antociani - ha spiegato Gaetano Di Marco dell'Ipcf-Cnr - molecole naturali responsabili della colorazione di molti vegetali e particolarmente abbondanti in arance rosse, more, melanzane, fichi d'India, uve. Quando i pigmenti vengono investiti dalla radiazione luminosa (energia solare), la trasferiscono ai propri elettroni che, attraverso una serie di processi chimico-fisici, chiudono il circuito producendo elettricità".
Il processo "imita" la fotosintesi clorofilliana e si pone come alternativa a quello delle celle al silicio degli impianti fotovoltaici convenzionali. "Attualmente il rendimento energetico delle nostre celle solari è del 2 per cento, sebbene i risultati facciano sperare il raggiungimento di almeno il doppio, rispetto al 10 ottenibile da quelle con coloranti sintetici e al 16 di quelle al silicio. Tuttavia, le celle a coloranti naturali mostrano una buona stabilità termica e un'efficienza costante anche in condizioni di illuminazione critica", ha sottolineato Giuseppe Calogero, che lavora al progetto con Di Marco.

 












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